martedì 12 settembre 2017

Recensione 'L'arminuta' di Donatella Di Pietrantonio


In questo martedì che sa molto di lunedì, almeno per me, ho deciso di recuperare la recensione di uno dei romanzi letti durante la pausa estiva. Il recupero non è nemmeno casuale perché, proprio qualche giorno fa, "L'Arminuta" ha vinto la 55^ edizione del Premio Campiello. Buona lettura!





L'Arminuta
Donatella Di Pietrantonio


Editore: Einaudi - Genere: Narrativa Contemporanea
Pagine:176 -Prezzo: 17,50 € - eBook: 8,99€


Ci sono romanzi che toccano corde così profonde, originarie, che sembrano chiamarci per nome. È quello che accade con L’Arminuta fin dalla prima pagina, quando la protagonista, con una valigia in mano e una sacca di scarpe nell’altra, suona a una porta sconosciuta. Ad aprirle, sua sorella Adriana, gli occhi stropicciati, le trecce sfatte: non si sono mai viste prima. Inizia così questa storia dirompente e ammaliatrice: con una ragazzina che da un giorno all’altro perde tutto – una casa confortevole, le amiche più care, l’affetto incondizionato dei genitori. O meglio, di quelli che credeva i suoi genitori. Per “l’Arminuta” (“la Ritornata”), come la chiamano i compagni, comincia una nuova e diversissima vita. La casa è piccola, buia, ci sono fratelli dappertutto e poco cibo sul tavolo. Ma c’è Adriana, che condivide il letto con lei. E c’è Vincenzo, che la guarda come fosse già una donna. E in quello sguardo irrequieto, smaliziato, lei può forse perdersi per cominciare a ritrovarsi.



Nella sua forma intransitiva, il verbo ritornare assume il significato di, cito testualmente, "andare di nuovo nel luogo da cui ci si era allontanati" ma, nella sua forma transitiva, lo stesso verbo assume un altro significato: "restituire".
Il romanzo della Di Pietrantonio si incentra proprio sul duplice significato che il verbo può assumere nella lingua italiana. Si parla, infatti, di ritorni che sanno di restituzioni che, a loro volta, sanno di abbandoni. E tutto questo viene anticipato già dal titolo: L'Arminuta, ovvero la ritornata, di tutti e di nessuno.

Un romanzo fuori dal tempo, un romanzo ancestrale e che profuma di antico, della vita che fu, quella in cui lo stare a tavola diventava un vero e proprio combattimento per accaparrarsi il cibo; quella in cui si dormiva in uno stesso letto con la coccia, la testa, vicino ai piedi dell'altro nel buio popolato dai fiati; quella in cui era uso comune affidare un figlio, soprattutto se la famiglia era molto numerosa, alle cure di un parente che quel figlio non poteva averlo e che pure ne era desideroso.

La tematica affrontata dall'autrice si incentra sul concetto di maternità, in senso stretto, e sulla complessità dei rapporti famigliari, in un senso più ampio, osservando il tutto da una prospettiva nuova: gli occhi di una tredicenne abbandonata per la seconda volta. L'Arminuta, di cui nel corso del romanzo non verrà mai fatto accenno al nome, si presenta al lettore ferma sulla soglia di una porta sconosciuta, quella della sua 'famiglia per forza', con una valigia in una mano e una sacca di scarpe nell'altra mentre si appresta ad andare incontro al proprio destino. Ed è proprio questa scena iniziale, ammantata di dolore e sofferenza, ma sicuramente non di accettazione, che spinge il lettore a non restare indifferente e ad iniziare ad amare visceralmente quella bambina. Accolta come un accidente, un impiccio per tutti e una bocca in più da sfamare, subisce gli attacchi dei fratelli impotente e rabbiosa. Il privilegio che porta dalla vita precedente la distingue, isolandola dalla sua stessa famiglia d'origine. Ed è allora che emerge il senso di vuoto, il dubitare della propria appartenenza. Figlia di separazioni, di parentele false o taciute, di distanze.


"Nel tempo ho perso anche quell'idea confusa di normalità e oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza. È un vuoto persistente, che conosco ma non supero. Gira la testa a guardarci dentro. Un paesaggio desolato che di notte toglie il sonno e fabbrica incubi nel poco che lascia. La sola madre che non ho mai perduto è quella delle mie paure."


I punti di forza di questo romanzo sono diversi e tutti concorrono a completare un quadro d'insieme che sia d'effetto agli occhi di chi legge. Primo tra tutti la costruzione del narrato. Ebbene più che raccontare una vera e propria storia, con un inizio ed una fine, il romanzo ci presenta uno spaccato di vita famigliare. Ad un passato fatto di ricordi, che si affacciano alle stanze della memoria della giovane protagonista, si alternano episodi del presente e brevi rimandi ad un futuro che è sì lontano, ma che ci permette di inquadrare al meglio alcune figure secondarie. È l'intrecciarsi di questi tre tempi che rende la trama robusta ed interessante e che spinge il lettore a domandarsi il motivo di quanto stia avvenendo.

Per non parlare poi della potenza evocativa delle parole, dello stile di scrittura asciutto, a tratti spigoloso, scarno ma essenziale proprio per raccontare al meglio la realtà dei fatti, un mondo che ha per protagonisti le classi sociali meno abbienti, i vinti, i sacrificati, egoisti e duri all'apparenza. 
A ciò si accompagna il sottile tratteggio su carta per delineare i protagonisti dell'intera vicenda e quell'Abruzzo così aspro e ruvido ma genuino che fa da cornice al tutto e che emerge prepotente nelle espressioni dialettali.

Costruito sulla contrapposizione tra il dolore della perdita e la voglia di ritrovare il proprio posto in una famiglia che la ha abbandonata, L'Arminuta è un romanzo intenso, ricco di sentimenti, delicato e al contempo prorompente. Un romanzo che racconta gli strappi della vita e i diversi tentativi compiuti per ricucirli. Un romanzo che insegna come, a volte, basta poco alla vita stessa per cambiare all'improvviso, lasciando quella sgradevole sensazione di amaro in bocca, di sofferenza, e come sia importante, però, imparare a lottare per ritrovare il proprio posto nel mondo.






15 commenti

  1. Avevo già voglia di leggere questo romanzo ma ora,dopo aver letto la tua recensione, non vedo l'ora di farlo! Buona giornata😊

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao! Questo è un romanzo che merita tantissimo, un piccolo gioiello davvero :)

      Elimina
  2. Una recensione magistrale Anna, azzeccatissimo il richiamo al duplice significato del verbo ritornare, perfettamente calzante con la storia. Complimenti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Tessa, mi fa davvero piacere che il richiamo ti sia piaciuto, ci tenevo a rendere al meglio i miei pensieri :)

      Elimina
  3. Brava Anna! Un grande libro, tanto che pare un classico.
    Mi associo ai complimenti di Tessa.
    Lea

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Lea e grazie a voi per avermelo fatto amare già prima di leggerlo :)

      Elimina
  4. applausi per sua maestà! una recensione magnifica che racchiude l'essenza stessa del romanzo, tra l'altro bellissimo. brava Anna

    RispondiElimina
  5. Ciao, Anna! Anche a me ha sempre ispirato moltissimo questo romanzo!! La tua è l'ennesima recensione positiva che leggo, e a quanto pare un motivo ci sarà 😉
    Auguroni per il nuovo e bellissimo traguardo ☺☺

    RispondiElimina
  6. Non ci sono parole per descrivere questo romanzo...semplicemente meraviglioso un premio più che meritato!

    RispondiElimina
  7. bravissima, ottima recensione, condivido tutto.sono finito qui cercando una recensione su l'Arminuta, che mi sta piacendo veramente molto, e,letta questa, credo che seguirò il tuo blog con attenzionw e con piacere.

    RispondiElimina