lunedì 3 maggio 2021

Recensione 'Come delfini tra pescecani. Un'indagine per i Cinque di Monteverde' di François Morlupi


Negli ultimi giorni ho avuto modo di leggere il romanzo di François Morlupi, uscito la scorsa settimana per la casa editrice Salani, una nuova voce nel panorama del giallo italiano. Per la verità l’autore non è del tutto sconosciuto, ha pubblicato già due romanzi che, per mesi, sono stati sempre ai primi posti delle classifiche ebook.
Spinta dalla curiosità, ho deciso di dargli una possibilità per farmi un’idea ben precisa del suo stile e del suo mondo narrativo. Come sapete, il giallo è uno dei generi letterari che prediligo, motivo per cui avevo delle aspettative che, fortunatamente, non sono state disattese del tutto.

COME DELFINI TRA PESCECANI di François Morlupi │ Editore: Salani │ Pagine: 415 │ Prezzo: 16,00€


Monteverde, dodicesimo quartiere di Roma, è una delle zone più tranquille ed eleganti della città, uno di quei posti ben lontani da reati capaci di suscitare clamore. Forse è proprio per questo motivo che al commissariato di zona sono stati assegnati cinque soggetti alquanto particolari, quelli che negli altri commissariati definirebbero strani, addirittura da Guinness dei primati.
A guidare la squadra è il commissario Biagio Maria Ansaldi, un uomo tutto d’un pezzo, ma ansioso all’inverosimile, che si rifugia nell’arte per sfuggire alle sue quotidiane paturnie e alla feroce ipocondria che attanaglia il suo girovita già generoso. A fargli da spalla il vice ispettore Eugénie Loy, una poliziotta rude, con evidenti disturbi di socialità, che veste sempre di nero ed è una portatrice sana di infelicità, ma anche di un fiuto ineguagliabile capace di dare svolte inaspettate a qualsiasi indagine. Seguono poi i Ringo Boys, William Leoncini, un ragazzo di colore con la passione per il nazismo, e Roberto Di Chiara, un bambacione con una smodata passione per il calcio, che passa le sue serate a guardare film coreani sottotitolati. Infine, Eliana Alerami, l’ultima arrivata, bella, molto ambiziosa e altrettanto inesperta nel destreggiarsi in quella che è una vera e propria gabbia di matti.
 
La tranquillità del commissariato viene turbata da una serie di omicidi che, ad un occhio poco attento, sembrerebbero dei semplici suicidi, se non fosse per una strana sensazione del vice ispettore Loy che la porterà ad approfondire il primo caso, ovvero la morte di un anziano ritrovato impiccato nella sua stessa abitazione. È a questo punto che inizia la vera e propria indagine, costellata in prima battuta da molti insuccessi e vicoli ciechi, che porterà la squadra investigativa a dover fare i conti non solo con il presente, ma soprattutto con un passato lontano ben venticinque anni.
 
Come riportato nella seconda di copertina, Morlupi esce fuori dagli schemi demolendo con umorismo graffiante quell’immagine del poliziotto supereroe a cui molto spesso siamo abituati. Lo spoglia di tutte quelle velleità che lo vorrebbero tale, un essere perfetto con poteri soprannaturali in grado di sconfiggere il crimine sempre e comunque, come se fosse un personaggio dei fumetti.
Tutt’altro. L’autore descrive tutti i suoi personaggi con pregi e difetti, con geniali intuizioni a cui si alternano le più epiche figuracce. Li caratterizza in modo introspettivo, portando alla luce i pensieri più reconditi, lasciando emergere così il loro bagaglio di imperfezioni, di paure e mancanze tali da non riuscire a risolvere completamente i vuoti e i chiaro oscuri delle loro stesse esistenze. Sono le classiche persone della porta accanto, quelle che sono a un tiro di schioppo da noi e, al contempo, quanto di più lontano dall’essere perfette. È l’umanità che caratterizza il loro essere, il loro modo di agire e di pensare che costituisce il vero e proprio asso nella manica, quello che permette al lettore di rendersi conto di come proprio l’essere delfini, in alcuni casi, sia ciò che fa la differenza in un mondo di pescecani e di come dietro la divisa ci siano persone vere, in carne ed ossa.

La narrazione si muove su due piani temporali: il passato, affidato ad una voce narrante sconosciuta, ed il presente, in cui si stagliano le vite dei protagonisti e si battono le piste investigative. Questa scelta, che sicuramente non rappresenta una novità, si dimostra ancora una volta vincente ed efficace perché, con il prosieguo dei capitoli, il lettore comprende sempre più l’importanza di quel legame che unisce i due momenti temporali. Di come quel passato sia la chiave di lettura essenziale per poter comprendere gli avvenimenti del presente. Il colpevole degli omicidi/suicidi lo scoprirete sì, ma solo a poche pagine dalla fine, grazie anche alla lunga confessione che farà luce su tutta una serie di indizi che l’autore avrà sapientemente disseminato nel corso dei capitoli e che pian piano condurranno il lettore alla scoperta della verità. Ne consegue che il giallo sia ben congegnato e sviluppato, senza errori di sorta o anticipazioni che possano turbare in qualche modo la lettura del romanzo.
 
Unico neo, che però rientra nel mio personalissimo gusto di lettrice, è la presenza, a mio avviso, di scene descrittive alquanto prolisse che molto spesso si inframmezzano ai dialoghi rendendo la narrazione un po’ dispersiva e lenta, così come la presenza di frasi fatte o riferimenti ad un panorama che esula quello letterario e che rimarcano il bagaglio culturale dell’autore. Credo che non fosse necessario infarcire così tanto la narrazione di questi riferimenti.

Come delfini tra pescecani è un romanzo che mi sento di consigliare agli amanti del giallo, e non solo; a quelli che non si soffermano solo sull’indagine e sulla risoluzione del caso, ma anche sul vissuto dei vari personaggi; a quelli che preferiscono imbattersi in figure imperfette, a volte caricaturali, che hanno tutte le fattezze dell’antieroe, lontano anni luce dallo stereotipo del supereroe impavido.
 

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