Nel periodo successivo alla fine del Secondo conflitto mondiale, il cosiddetto Dopoguerra, la situazione dell'Italia tutta, ed in particolar modo del Meridione, risentì pesantemente degli strascichi della guerra. Tra fame, miseria, degrado e distruzione, molte famiglie del Sud non solo non avevano di che sopravvivere, ma non erano nemmeno in grado di garantire un futuro ai propri figli.
Con il sostegno del Partito Comunista e dell'Unione donne italiane, si diede vita ad una vera e propria rete di solidarietà il cui obiettivo era quello di far sì che i Bambini del Mezzogiorno venissero ospitati, durante il durissimo periodo invernale, dalle famiglie di artigiani e contadini del Settentrione in modo tale da provvedere al loro sostentamento, mentre le famiglie d'origine si riprendevano dai traumi della grande guerra. Secondo le fonti storiche furono migliaia i bambini che intrapresero questo viaggio su quelli che sono passati alla storia come i treni della felicità. Alcuni di loro tornarono a casa dopo l'inverno, altri dopo anni, altri ancora vennero addirittura adottati dalle famiglie ospitanti.
IL TRENO DEI BAMBINI di Viola Ardone │ Editore: Einaudi │ Pagine: 233 │ Prezzo: 17,50€
La Ardone prende spunto da questo avvenimento storico, molto poco conosciuto, facendone il suo punto di partenza verso orizzonti sconfinati come quelli che la vita, fatta di decisioni ed improvvisate, è in grado di offrire ad ognuno di noi. In questa maniera riesce ad imbastire la trama di un romanzo che è capace di affrontare diverse tematiche che abbracciano il concetto di genitorialità, di affezione, di appartenenza, di umanità e di solidarietà.
Per fare questo, si serve di un rione napoletano dei Quartieri Spagnoli, fatto di vicoli, chianche e bassi umidi e bui e di un protagonista semplice, genuino e curioso: Amerigo Speranza.
Amerigo ha solo sette anni, ma è uno di quei bambini cresciuti troppo in fretta in una città che non diventa mai adulta. Da sua madre Antonietta, una donna incapace di fare complimenti e consolare, una donna che non ha mai avuto carezze e non ne sa dare, abituata a guardare la vita sempre un po' di traverso con aria taciturna, ha ereditato il cognome, mentre del padre si sa solo che è partito all'America per fare fortuna. Ed è insieme a lei che cerca di combattere la fame e la povertà. Amante dei numeri ma non delle lettere, Amerigo, che tra i vicoli si è guadagnato il nome di Nobèl perché sa un sacco di cose, è uno di quelli che a scuola non ci è voluto più andare per imparare in mezzo alla via. Va girando, sente le storie, si fa i fatti degli altri e raccoglie le pezze, ovvero stracci, scarti, vestiti usati dei soldati americani, roba sporca e piena di pulci che Antonietta pulisce, strofina e ricuce per darle a Capa 'e fierro che le rivende sul banco a piazza Mercato.
Una mattina d'autunno, insieme a Mariuccia e Tommasino, anche Amerigo salirà su uno di quei treni diretti nell'Alta Italia. Contrariamente a quanto gli era stato detto, e cioè che si sarebbe ritrovato in Russia dove, privato di mani e piedi, sarebbe stato gettato nei forni e mangiato dai comunisti, Amerigo raggiungerà la nebbiosa campagna modenese e un'allargata e premurosa famiglia ospitante.