Nel mio immaginario di lettrice c'è una specie di paniere. Non un recipiente qualunque, dove ognuno di noi ci metterebbe ogni sorta di oggetto, bensì un paniere delle storie. Una cesta che le contiene tutte, in uno spazio senza confini, tipo l'etere. Allora io mi immagino che ogni volta che uno scrittore cerca quel guizzo che gli permetta di individuare la storia giusta e renderla tangibile per noi comuni mortali, immerga la sua mano in questo paniere et voilà. Eccola la sua storia.
Nel caso specifico di Alessandro Barbaglia, che è l'autore del romanzo di cui vado a parlarvi, la scena è più o meno la stessa, con l'eccezione che la sua mano riesce sempre, e dico sempre, a pescare, da bravo cacciatore, le storie più insolite e originali, quelle che ci permettono di viaggiare verso orizzonti sconosciuti, dove il confine tra reale e fantastico è così labile che siamo in grado di oltrepassarlo senza remore, accompagnati da quella sensazione di leggerezza e di benessere che, fidatevi, non è cosa da poco.
Di Barbaglia, che è colui che mi fornisce le storie giuste al momento giusto, ho letto i precedenti lavori e li custodisco, gelosamente, a doppia mandata, nel mio cuore. Ora, capite bene che colpire nel segno per ben due volte non è cosa semplice. Ed è per questo che, quando ho scoperto dell'uscita di questo terzo romanzo, da una parte ho iniziato a scalpitare, impaziente di immergermi e perdermi in queste nuove pagine, dall'altra mi sentivo schiacciata dalla morsa dell'ansia e delle millemila domande che angustiano il più comune dei lettori quando deve leggere il nuovo romanzo di uno dei suoi scrittori preferiti. Riuscirà a soddisfare le aspettative? Segnerà una tripletta o questa volta dovrò riporre il libro sullo scaffale, mestamente sconfitto? So che ve lo state chiedendo ed è per questo che ve lo anticipo, senza indugio. Ebbene... tre su tre!
Nella balena è un romanzo vero al 97%, il restante 2% è meraviglia e anche se manca ancora qualcosa non chiedetelo né a me né all'autore perché a quanto dice lui, ed io non posso che convenire, le storie ne sanno più di chi le scrive. Dicevo, è una storia vera perché, prendendo spunto da fatti realmente accaduti, in un arco temporale che parte dal 1954 e raggiunge i nostri giorni, ripercorre le avventure della Balena Goliath, un cetaceo lungo la bellezza di ventidue metri, pescato in Norvegia, al largo di Trondheim, la cui carcassa venne riempita di 7000 litri di formalina con l'idea di esporla al pubblico per farne visitare l'interno. A riuscire nell'impresa fu un italiano, un torinese, Giuseppe Erba che la rese la protagonista indiscussa di un tour che girò non solo tutta l'Italia ma anche parte dell'Europa.
Muovendosi tra passato e presente, in un intreccio di vite e di storie, l'autore ci fornisce i giusti appigli, quelli che ci permettono di imbarcarci in questa avventura, partendo dalla testa del cetaceo per arrivare giù, fino alla sua coda. A farci da spalla un nutrito gruppo di personaggi, alcuni più stravaganti di altri, ognuno però con peculiarità che lasciano il segno.
Emilio, dal canto suo, è sempre stato un fantasma durante l'infanzia di Cerro. Da rispettabile psichiatra che ha sempre lavorato con i ricordi e la memoria, si ritrova, all'età di ottant'anni, a convivere con silenzi e frasi scritte su post it nei momenti di lucidità, e a fare i conti con buchi e risvegli, quelli che, quando capitano, trasformano il dottore in un uomo completo di passato e danno false speranze a suo figlio perché glielo fanno vedere bellissimo e anziano com'è giusto che sia.
A loro si contrappone il personaggio di Herman figlio dell'Uomo Pesce e della Maga Spezzata divenuta Sirena. Herman abita un tempo e un luogo molto lontani. La sua storia prende piede negli anni '30 a Chicago, in uno di quei posti che non curano le diversità ma le esaltano: il Circo. Generoso, curioso e capace solo a fidarsi del prossimo, Herman che non sa cosa sia il bene né cosa sia il male, che non distingue il vero dal falso, crede in tutto ciò che lo meraviglia. Anche Herman ha una straordinaria capacità: è nato con il fischio. Ora, il più scarso dottorino dell'America lo avrebbe definito asma, ma si sa, il circo non ha tempo di rivolgersi ai dottori, il circo corre, un giorno è qui, un giorno è là, e alla fine i suoi genitori si erano convinti che tutto si sarebbe risolto mettendo su un po' di muscolatura. Herman è il personaggio che Barbaglia immagina più vicino e più simile alla Balena Goliath. Sarà questo loro essere così similari a far sì che Herman sacrifichi la sua stessa vita, la possibilità di amare qualcuno e trovare il proprio posto nel mondo, in una forma di assoluta devozione nei confronti dell'animale. Sarà attraverso i suoi occhi che descriverà a noi lettori il viaggio del grosso cetaceo e lo stupore nello sguardo della gente che, tappa dopo tappa, si assieperà in lunghe file per ammirare il suo corpo dall'interno.
Con il suo solito stile poetico, ricercato ed inusuale, Barbaglia ci racconta storie diversissime, apparentemente senza alcun legame, ma in realtà saldamente intrecciate dalla prima all'ultima riga. Come sempre nulla è lasciato al caso ma persegue un disegno narrativo che, giunti all'epilogo, risulta ben chiaro anche agli occhi del lettore più distratto.
Cantastorie sopraffino, dotato di garbo, compostezza, delicatezza e una buona dose di sensibilità nel raccontare, l'autore è in grado di sfiorare e trattare tematiche importanti, come la malattia della memoria di Emilio e, di pari passo, di dare forma ai commoventi pensieri della balena che, in tutta onestà è il vero e proprio focus del romanzo nonostante la sua risulti essere una semplice comparsa. È lì, sullo sfondo ed è metafora di un qualcosa di molto più grande. Tutti noi siamo nella balena e lei è in noi. La balena è quel posto sicuro in cui ci rifugiamo, quello in cui ci rintaniamo e ci perdiamo quando vogliamo rimanere soli con noi stessi, quello in cui affoghiamo o esaltiamo sentimenti, stati d'animo, gioie e dolori.
Nella balena non è un romanzo facile, mentirei se dicessi il contrario, e credo anche che non sia un romanzo adatto a tutti. È una di quelle letture in cui vi smarrirete prima di ritrovare voi stessi. Entrerete grigi e ne uscirete a colori. Un romanzo intenso e delicato che avvolge in una coccola chiunque decida di dargli una possibilità.
Con il suo solito stile poetico, ricercato ed inusuale, Barbaglia ci racconta storie diversissime, apparentemente senza alcun legame, ma in realtà saldamente intrecciate dalla prima all'ultima riga. Come sempre nulla è lasciato al caso ma persegue un disegno narrativo che, giunti all'epilogo, risulta ben chiaro anche agli occhi del lettore più distratto.
Cantastorie sopraffino, dotato di garbo, compostezza, delicatezza e una buona dose di sensibilità nel raccontare, l'autore è in grado di sfiorare e trattare tematiche importanti, come la malattia della memoria di Emilio e, di pari passo, di dare forma ai commoventi pensieri della balena che, in tutta onestà è il vero e proprio focus del romanzo nonostante la sua risulti essere una semplice comparsa. È lì, sullo sfondo ed è metafora di un qualcosa di molto più grande. Tutti noi siamo nella balena e lei è in noi. La balena è quel posto sicuro in cui ci rifugiamo, quello in cui ci rintaniamo e ci perdiamo quando vogliamo rimanere soli con noi stessi, quello in cui affoghiamo o esaltiamo sentimenti, stati d'animo, gioie e dolori.
Nella balena non è un romanzo facile, mentirei se dicessi il contrario, e credo anche che non sia un romanzo adatto a tutti. È una di quelle letture in cui vi smarrirete prima di ritrovare voi stessi. Entrerete grigi e ne uscirete a colori. Un romanzo intenso e delicato che avvolge in una coccola chiunque decida di dargli una possibilità.
che bellissima recensione Anna.
RispondiEliminaHo molto apprezzato La locanda dell'ultima solitudine e probabilmente leggerò anche questo. non subito però
Recensione splendida, che ha cementato il mio voler leggere questo libro <3
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