Considerata una delle grandi voci femminili della letteratura inglese del Novecento, Ivy Compton-Burnett, attraverso le sue opere, sfida la morale dell'epoca in cui è vissuta, denunciando la falsa ostentazione di una rettitudine assoluta che, secondo i costumi della società, avrebbe dovuto connotare la classe medio-alta dell'epoca Vittoriana.
Ed è proprio su questa categoria sociale che la scrittrice focalizza la propria attenzione, rendendola protagonista delle storie di vita famigliare di cui si prefigge di raccontare. Sono scorci in cui l'apparenza, il non contravvenire a determinate regole, regna sovrana ma nei quali, grattando la patina dell'ipocrisia, è possibile svelare brame di potere e di dominio, avidità, debolezze, passioni e tutte quelle bassezze che, molto spesso, connotano la natura umana.
Più donne che uomini non è da meno in quanto rimarca, in tutto e per tutto, l'intento della sua scrittura.
La vicenda prende piede in una prospera cittadina inglese di inizio Novecento dove ha sede un grande istituto femminile a capo del quale c'è la direttrice Josephine Napier, una donna inflessibile e impeccabile. Volendo mantenere alti gli standard di un tale istituto, Josephine seleziona da sé il personale docente garantendo non solo qualità ma anche una condotta e un ordine delle cose irreprensibili. Premurosa e gentile, ha da sempre avuto un forte ascendente sulle persone che la circondano, compresi suo marito Simon, un uomo vissuto al riparo della sua ombra, e il figlio adottivo Gabriel, un ventenne piegato al volere dell'autorità materna.
La vicenda prende piede in una prospera cittadina inglese di inizio Novecento dove ha sede un grande istituto femminile a capo del quale c'è la direttrice Josephine Napier, una donna inflessibile e impeccabile. Volendo mantenere alti gli standard di un tale istituto, Josephine seleziona da sé il personale docente garantendo non solo qualità ma anche una condotta e un ordine delle cose irreprensibili. Premurosa e gentile, ha da sempre avuto un forte ascendente sulle persone che la circondano, compresi suo marito Simon, un uomo vissuto al riparo della sua ombra, e il figlio adottivo Gabriel, un ventenne piegato al volere dell'autorità materna.
Sarà però l'arrivo di due donne, Elizabeth, vecchia fiamma di Simon, e sua figlia Ruth, a scombussolare l'equilibrata esistenza della direttrice e della sua famiglia mettendo in luce le debolezze, le meschinità e i diversi aspetti che contribuiscono a comporre la superficie di un'anima.
Più donne che uomini, che come rivela il titolo stesso vede una preponderanza di personaggi femminili rispetto ai maschili, è un romanzo corale che, da un punto di vista prettamente strutturale, ricorda molto i copioni teatrali. Un susseguirsi di battute in cui i cambi di scena, privi di qualsiasi tipo di descrizione, sono solo accennati, tendendo a destabilizzare parecchio il lettore soprattutto nell'iniziale fase di approccio. Ed è da qui che emerge un'altra peculiarità della narrativa della Compton-Burnett e che ha a che fare proprio con la staticità dell'ambientazione. Il proscenio della vicenda, infatti, è costituito solo ed esclusivamente dal collegio e sono davvero pochissime le incursioni nel mondo esterno.
Questo voler ripulire il romanzo ha come obiettivo quello di spostare l'attenzione del lettore sui dialoghi che costituiscono la cifra stilistica della scrittura dell'autrice. Mai banali, e intonati al senso di apparente rispettabilità della borghesia vittoriana, dominano la scena mescolando umorismo pungente e drammaticità. Un conversare che ha come unico scopo quello di rimarcare l'importanza dei ruoli, raggirando l'interlocutore con belle parole pur di celare le proprie debolezze, il proprio lato oscuro e la propria natura, cose che non rimarranno occultate tanto a lungo allo sguardo attento del lettore.
Con un nutrito gruppo di personaggi, il cui comportamento non può che confarsi al contesto storico e alle convenzioni dell'epoca, la Compton-Burnett mette in scena un romanzo interamente orchestrato da maschere, carico di intrighi e di colpi di scena in cui le diverse figure sono chiamate a rivelarsi, cammin facendo, agli occhi di chi legge, mostrando quella che è la vera essenza del loro essere.
C'è da considerare, inoltre, che Più donne che uomini è stato scritto nella prima metà del Novecento e, se si considera il periodo temporale, lo si può ritenere, a tutti gli effetti, un romanzo fuori dagli schemi in quanto tratta tematiche spinose per l'epoca come, ad esempio, l'omosessualità e alcuni aspetti concernenti la maternità.
In definitiva una lettura molto singolare e non particolarmente agevole, c'è da ammetterlo, e che, per il modo in cui è stata pensata e strutturata, non è sicuramente adatta a tutti, soprattutto a chi, come me, ama perdersi in descrizioni di ambienti e persone che permettono di far viaggiare l'immaginazione.
C'è da considerare, inoltre, che Più donne che uomini è stato scritto nella prima metà del Novecento e, se si considera il periodo temporale, lo si può ritenere, a tutti gli effetti, un romanzo fuori dagli schemi in quanto tratta tematiche spinose per l'epoca come, ad esempio, l'omosessualità e alcuni aspetti concernenti la maternità.
In definitiva una lettura molto singolare e non particolarmente agevole, c'è da ammetterlo, e che, per il modo in cui è stata pensata e strutturata, non è sicuramente adatta a tutti, soprattutto a chi, come me, ama perdersi in descrizioni di ambienti e persone che permettono di far viaggiare l'immaginazione.
Lascio stare, a questo punto, ché già questi romanzi Fazi mi attraggono e respingono insieme...
RispondiEliminaParticolarissimo, non c'è dubbio :)
EliminaMi intriga anche a me, e devo dire che lo avrei acquistato successivamente... La copertina però è bellissima, e devo dire che già solo per questo meriterebbe un posto in libreria :)
RispondiEliminaMi incuriosisce ma non mi convince del tutto. Per il momento lascio perdere, poi più in là si vedrà ^^
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